18.12.2011 00:00

Incontro a Piazza S.Pietro

Quasi un mese e mezzo fa, il 18 dicembre 2011, una rappresentanza degli allora 45.000 firmatari della petizione, raggiungeva la famiglia Orlandi a Castel Sant'Angelo, con una foto di Emanuela in mano. Destinazione: Angelus, Piazza San Pietro. Perché? Semplice: il venerdì precedente, 16 dicembre, Pietro, il fratello di Emanuela, aveva consegnato proprio quelle 45.000 firme a padre George, segretario del Papa con profonda umiltà e stima, ricevendo in cambio sincero ascolto e attenzione. Allora, se 1 + 1 = 2, perchè Sua Santità, informata di tale iniziativa, non avrebbe dovuto fare un accenno a Emanuela e alla sua famiglia durante la benedizione domenicale? Dopotutto, il suo predecessore, Beato Giovanni Paolo II era intervenuto a favore della ragazza ben 8 volte durante l'Angelus, per non parlare dei colloqui privati con i familiari. Ebbene, quindi, la speranza di una parolina di ricordo era forte e tangibile tra quella folla di circa 200 persone dai cuori buoni, riunitasi adesso all'ombra del colonnato. Ma la speranza, quel giorno, è andata in frantumi al chiudersi delle finestre papali... Chissà, però, se quei vetri hanno fatto però entrare l'urlo di rabbia: Emanuela! E chissà se, nel caso, da quel giorno quell'urlo sta facendo riflettere Benedetto XVI...
Di sicuro, dopo qualche minuto di smarrimento, la Speranza nei nostri cuori si è rigenerata, le firme sono aumentate di 15.000 unità nel giro di questo mese e mezzo e ancora più forti gridiamo e grideremo: VERITA'!

Grazie a Mel per l'articolo


 

 

Pietro Orlandi rilancia: «Adesso incontriamoci a S. Apollinare» (dal Corriere della Sera del 19/12/11)

 

Soffia un vento gelido su ponte Sant' Angelo, da dove arrivano i primi manifestanti che tengono in mano la foto della ragazza con la fascetta. Pietro Orlandi li abbraccia. «Grazie, non vi dimenticherò mai», dice ad ognuno mentre il capannello diventa una piccola folla, e adesso arrivano le telecamere, i fotografi, una coppia di impiegati dell' Inps «stufi di trame e omertà», un uomo sandwich con il vecchio manifesto della scomparsa, due signore che non si perdono una puntata di Chi l' ha visto? e si affannano a distribuire i volantini con le «dieci domande» sul più inquietante dei misteri... Eccolo, il «popolo» di Emanuela Orlandi: composito, casuale, slegato da ogni vincolo se non aver sfidato il freddo pungente in nome di una aspirazione forte e profonda, verità e giustizia, «per Emanuela e quindi per tutti noi». Alle 11 il corteo imbocca via della Conciliazione e dopo 10 minuti è già lì, speranzoso, in mezzo a piazza San Pietro, occhi puntati alla finestra da dove si affaccerà il pontefice... «Il fatto che Maria concepisca rimanendo vergine è essenziale per la conoscenza della nostra fede», esordisce il papa teologo nel discorso che precede l' Angelus. Pietro Orlandi ha attorno la moglie Patrizia, le altre sorelle. É tesissimo. Fissa il puntino dentro quella finestra, due stanze più a destra di quella dove venerdì aveva consegnato a padre Georg la petizione firmata da 45 mila persone, e non perde una battuta. «Maria è sapientissima, non dubita del potere di Dio...». Pietro ci spera. «Adesso - scandisce il papa tedesco cambiando tono - desidero esprimere la mia vicinanza alle popolazioni delle Filippine...». Ci siamo, sta per parlare di noi, pensa Pietro. «Ieri a Madrid - continua Ratzinger - sono stati proclamati Beati 22 missionari Oblati...». No, non ancora. «E saluto anche...». Il volto di Pietro ora è una maschera. É in questo istante che si condensano gli sforzi degli ultimi due mesi, le notti insonni davanti al computer per far circolare la sua petizione, i pomeriggi passati a rispondere a tutti, anche a Dario Fo, che sabato ha inviato la sua mail, per ringraziarli... É adesso, ore 12.13 del 18 dicembre, esattamente 28 anni dopo quella visita pre-natalizia di papa Wojtyla che andò a casa Orlandi per dire che la ragazza era «vittima del terrorismo internazionale», che Pietro si aspetta che pronunci quel nome, «Emanuela», magari alzando il braccio e indicando ad esempio proprio lui, l' amato fratello che mai smetterà di cercarla. E invece no, Benedetto XVI si riferisce ad altri, a due delegazioni di fedeli venute dalla Sicilia... Niente da fare. La preghiera è finita. Patrizia l' abbraccia, lui si passa le mani sul volto. «Non l' ha detto, ti rendi conto? Sarebbe stato importante, un nuovo inizio verso la verità...». Parte un grido corale («Emanuela!») ripetuto più volte. Si ritrova 5-6 microfoni sotto il mento: «Sono deluso, certo: hanno perso una grande occasione per riscattare 28 anni di silenzi». In alto la finestra si chiude, qualcuno urla: «Bravi, se no entrano gli spifferi!». L' Angelus del 18 dicembre, per il «popolo» di una ragazzina quindicenne diventata l' emblema dei più inafferrabili intrighi, è tutto qui: in quel nome non pronunciato. Alle 12.30 le foto e i volantini finiscono nelle borse. Sandro, un quarantenne conosciuto sul web, gli propone: «Andiamo in piazza Sant' Apollinare e affiggiamo sopra la targa toponomastica la scritta: "Piazza Emanuela Orlandi"». Pietro è un po' stordito, si dirige verso casa. Quella parola mancata è un brutto colpo. Ma a sera, dopo un pomeriggio in famiglia, con i suoi sei figli e Patrizia che lo esorta a non mollare, si dice di nuovo pronto: «Ma sì, il prossimo appuntamento non può che essere a Sant' Apollinare, davanti alla basilica dove hanno dato indegna sepoltura al boss della banda della Magliana: il vero snodo dell' intreccio tra Stato italiano, Vaticano e criminalità è in quella tomba. Cosa aspettano ad aprirla?». Una domenica è passata, la prossima è Natale. La guerra di Pietro continua.
Fabrizio Peronaci

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Pietro ORLANDI

pietro_1959@libero.it


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